Fly me to the Moon.

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  1. miry«
     
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    Fu interminabile il tempo che passò da quando mi sedetti sulle poltroncine a quando sentii chiaramente i suoi passi in lontananza. E, altrettando chiaramente, sentii che prima di entrare si bloccò. Mi alzai così in piedi, pronto ad accoglierla e prendendo un respiro profondo, cercando disperatamente da che parte iniziare il discorso. Sapevo solo che l'avrei fatto, che questa volta non mi sarei tirato indietro.
    La vidi piombare letteralmente nella Sala, e quel suo modo di fare fece nascere un sincero sorriso sul mio volto.
    Lei, con la sua energia, la sua carica e la sua brillante spontaneità. Lei e il suo essere semplicemente fantastica. Feci per parlare quando lei mi precedette e mi sorprese di nuovo, come sempre, lasciandomi senza parole. Mi persi un attimo ad notare i vestiti e non potei non pensare che la preferivo così. Preferivo la ragazzina che avevo conosciuto e di cui mi ero invaghito alla donna che era stata costretta a diventare per non soffrire per il mio abbandono. Sorrisi ancora di più e annuii, lasciando perdere qualsiasi discorso mi ero prefissato di farle.
    Per una sola volta la mia non fu codardia, ma semplicemente voglia di lasciar perdere. Non avevamo tempo per i sè o i ma, c'eravamo solo noi due, e avremmo preso le cose così come venivano.
    «Si, Parigi!» corsi attorno alla console per gli ultimi controlli pre-partenza, fermandomi poi a controllare di nuovo le coordinate. 48° 51' 29" Nord, 2° 17' 40" Est, esatte. Impostato tutto, mi fermai davanti alla leva di partenza. Qui mi voltai verso di lei e mi feci serio.
    «Rose, qualsiasi cosa ci aspetti, qualsiasi persona o alieno ci voglia in quel preciso luogo a quella precisa data, noi ce la faremo. Insieme, come sempre.» strinsi una sua mano nelle mie mentre parlavo, non abbandonando nemmeno per un secondo i suoi occhi.
    Accarezzai il dorso della sua mano in modo tenero e poi la lasciai, il sorriso che tornava a riprendersi il suo posto sulle mie labbra.
    «Non vedo l'ora di saperlo!» ammisi, elettrizzato come sempre davanti ad una nuova avventura e/o minaccia. Era tutto così bello, così stupendo, rischiare la vita, salvarne altre, andare incontro a qualcosa senza sapere cosa. E ora che c'era lei non poteva che essere tutto ancora più bello.
    Aspettai che si tenesse salda a qualcosa e, dopo aver urlato il mio intercalare francese preferito - che, ammettiamolo, questa volta calzava a pennello, feci partire il Tardis.


    Edited by miry« - 23/4/2014, 17:00
     
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