È come se non me ne fossi mai andato.

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    Il Dottore aveva detto ai superiori di Jordan che il ragazzo con i capelli sempre disordinati e la barbetta sempre incolta era più intelligente di tutti loro messi insieme. Il giovane Brett si sentì in leggero imbarazzo per i complimenti,anche se non era la prima volta che si sentiva dire che era brillante. Seguì il Dottore per il corridoio che dava all'uscita dove era posizionata la cabina telefonica blu. All'esterno era come se la ricordava,partendo da quel cartello che ogni giorno,quando erano in viaggio,aveva ignorato alla luce al capo della scatola blu. Osservando la sirena,notò che le navi dei Sontaran ora erano visibili.I guai si stavano avvicinando.
    «Sembra stupido chiedertelo,Dottore...Ma posso avere il piacere,nonché l'onore di aprire le porte del TARDIS?» fece quella domanda incosciamente,voleva solo dire che le navi dei Sontaran si stavano avvicinando,ma si accontentò di quella questione.
    Prima di ricevere una risposta si perse nei suoi ricordi. All'inizio aveva la chiave del TARDIS. Mise la mano nella tasca dei suoi jeans,eccola lì,era l'unica cosa che gli era rimasta oltre al ricordo. Prese la chiave dalla tasca.
    «Quando me ne sono andato,l'ho voluta tenere. E non mi hai detto nulla. La tengo sempre con me.» disse mostrandola al Dottore. Poi la infilò nella toppa della serratura del Tardis e lo aprì.
    Pensava che sarebbe cambiata la sala comandi,invece era come se la ricordava,era perfettamente identica.
    «A te non piace cambiare arredamento,vero Dottore?» la domanda era in modo scherzoso tantoché mentre la faceva,Jordan era sorridente.
     
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    Una volta vicini alla cabina, rallentai il passo e lasciai che lui si avvicinasse per primo. Lo guardai da lontano, con un piccolo sorriso sul mio volto. Potevo solo immaginare quello che provava in quel preciso momento, visto che io non avrei mai avuto il coraggio di riporre la chiave del Tardis e fermarmi. Mai. Sapevo che prima o poi avrei dovuto farlo, ma non riuscivo ancora a pensare alla mia vita da fermo. Quasi rabbrividivo al pensiero di me sempre fermo su uno stesso pianeta, o peggio in una sola città! Scossi appena la testa e mi ripresi, ascoltandolo parlare mentre mi avvicinavo a lui. Aprire il Tardis. Quasi mi commosse quella richiesta, perchè per me significava che, anche se la decisione di andarsene l'aveva presa di sua spontanea volontà, la vita con me gli mancava, e questo non poteva che rendermi felice. Certo, avevo sempre avuto la certezza che chiunque viaggiasse con me trovasse la mia vita semplicemente fantastica, ma quando poi se ne andavano mi lasciavano un vuoto dentro. Era sempre così: avevano una loro vita, e di certo non poteva combaciare con la mia. E io non potevo che comprenderli. Io stesso sarei tornato a casa, anche solo per una piccola visita, se solo avessi potuto.
    Aprii la bocca per rispondergli quando lui mi anticipò, estraendo la chiave dalla tasca del jeans.
    « Non richiedo mai la chiave indietro, Brett. Dovresti saperlo.» gli risposi, alludendo al fatto che speravo sempre cambiassero idea e tornassero a viaggiare con me. In più era un regalo che ognuno dei miei compagni si era più che meritato, e di certo non avrei mai chiesto un regalo indietro. Stavo per dirgli che poteva aprire tranquillamente lui la porta quando lui inserì la chiave nella toppa, aprendo la porta ed entrando. Rimasi un attimo spiazzato: certo, la cosa non mi dispiaceva, ma poteva almeno aspettare una mia risposta! Niente contro di lui, ma quando si parlava del MIO Tardis diventavo estremamente geloso e possessivo.
    «Ehy! Potevi aspettare una mia risposta almeno!» lo ripresi solo, entrando dopo di lui, ma con tono leggero, non veramente arrabbiato o contrariato. Lo superai, raggiungendo la console e iniziando subito a bloccare le porte e ad impostare i primi comandi. Alzai la testa verso di lui.
    «No, non vedo perchè dovrei cambiare qualcosa quand'è perfetto. Come me, vedi? Perchè cambiare?» mi sistemai la cravatta mentre lo dicevo, rivolgendogli un sorriso smagliante, per poi tornare serio. Era ora di mettersi al lavoro.
    «Il punto centrale è ovviamente la nave principale.» lo informai, guardando il monitor e indicandogliela. «Ed è proprio lì che stiamo andando noi ora!» Lo lasciai davanti al pannello di navigazione, per correre verso gli altri ad attivare il Tardis.
     
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    Avrebbe dovuto immaginare della gelosia del Dottore verso il TARDIS. E certamente aprire la porta senza il consenso del Dottore era un grosso errore,ma ormai era fatta. Non che se la fosse presa,ma era comunque buona educazione aspettare il responso. Ma si trattava della cabina che lo aveva portato in giro,quella cabina che lo aveva fatto sognare e fatto ottenere quel posto di lavoro che amava con tutto se stesso. Mentre ammirava la Sala Comandi del TARDIS,il Dottore gli aveva detto la loro destinazione,la nave principale dei Sontaran. Si fermò vicino alcune leve,sembrava veramente che non se ne fosse mai andato per la sua strada. Jordan ammise a se stesso che quella vita che il Dottore faceva,seppure fosse faticosa e pericolosa era sempre emozionante e bellissima.
    «Okay,perfetto.» Jordan fece per rispondere alla sua affermazione. Eppure il suo pensiero era rivolto a ciò che provava il Dottore. Prima di lui e dopo di lui avrebbe visto parecchie persone entrare all'interno del suo TARDIS e parecchie ne erano uscite,come lui ad esempio. Eppure non ci poteva fare niente. La cabina blu si scosse. Jordan non poteva far altro che sorridere,anche se la sua preoccupazione verso l'uomo che quando guidava il TARDIS si muoveva da una parte all'altra.
    Sicuramente non avrebbe capito quello che sentiva Jordan,quella volta,quando se n'era andato era arrabbiato con se stesso,non voleva continuare a star male per niente,quel giorno il Dottore lo lasciò proprio dove lo aveva prelevato. Jordan si chiedeva spesso se il Dottore lo avesse capito,e voleva proporgli la domanda. Non sapeva se avrebbe ricevuto una risposta,ma ci voleva provare.
    «Dottore,prima di andare a far ragionare i Sontaran devo chiederti una cosa.» Jordan parve serio,nessuna sfumatura nella sua voce. Per la prima volta si comportò in modo freddo con lui. «Come fai? Insomma,quando qualcuno dei tuoi compagni ti dice che non vuole viaggiare...Come reagisci? Che cosa provi?» Una volta finita la frase gli occhi di color blu elettrico lo squadrarono attentamente. Certo non era il momento giusto,e lui glielo avrebbe fatto notare.

     
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  4. miry«
     
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    Continuai a saltellare letteralmente per il Tardis, pensando tra me e me a come far ragionare quelle teste vuote il più in fretta possibile e soprattutto senza nessuna ripercussione sulla Terra. Sapevo già che le cose erano una più impossibile dell'altra, ma l'impossibile era praticamente il mio pane quotidiano! Avrei ovviamente cercato di parlare con loro, di farli ragionare e provare a far leva sul loro orgoglio come sempre e, se non ce l'avessi fatta, sarei dovuto passare la piano B. Piano che ancora non sapevo quale fosse, ma qualcosa mi sarebbe saltato in mente all'ultimo, come sempre. La domanda di Jordan mi riportò alla realtà, immobilizzandomi sul posto e colpendomi come due fitte atroci al petto. Deglutii e abbassai lo sguardo sulla console, poggiandomi ad essa con le mani. All'inizio ammetto che mi chiesi che domanda fosse quella. Cosa pensava provassi? Non era ovvio che stessi male e mi sentissi abbandonato e nuovamente solo? Non era ovvio che in quel momento ricordavo che tutti avevano una casa e una famiglia da cui tornare, al contrario di me? Sospirai e trovai il coraggio di rispondere.
    «Lo accetto e vado avanti.» Questo fu tutto quello che riuscii a dire. Con i Sontaran sempre più vicini alla Terra, mi auto imposi di non pensare a nessuna compagna/compagno precedenti in particolare. NESSUNA. Non era il momento per rattristarsi. Alzai il volto verso di lui ora, guardandolo e sperando non si notassero ne i miei occhi lucidi ne la mia espressione triste. L'ultima delle mie intenzioni era di farlo sentire in colpa o farlo sentire obbligato a tornare a viaggiare con me. Aveva scelto la sua vita, e io non mi sarei intromesso ne l'avrei costretto a mollarla. Così come nessuno costringeva me a farlo. Semplicemente rispettavano la mia scelta.
    *O erano obbligati ad accettarle...* mi ritrovai a pensare, contro ciò che mi ero riproposto prima. Parlai per riprendermi. Aprirsi era sempre il modo migliore per non cadere a picco.
    «E' difficile salutarvi. Condividere con voi così tanto in così "poco" tempo e poi vedervi uscire da quella porta con la facilità con cui siete entrati.» ammisi, guardandolo in volto ma non negli occhi. Ogni parola che pronunciavo allargava sempre di più le due ferite morali all'altezza del petto, ma questo non mi fermò.
    «E la cosa più difficile è continuare dopo, abituarsi nuovamente all'essere soli e al pensiero che non condividerò più la mia vita con voi. Non appena mette piede fuori da quella soglia, mi sento tremendamente solo, come abbandonato. E non mi resta che farmene una ragione, poichè è giusto che torniate alle vostre vite e che siate liberi di scegliere del vostro futuro.» Trattenni a stento una lacrima. No, non avrei pianto. Neanche una piccola, misera lacrima. Glielo dovevo. Così mi voltai e tornai a trafficare coi comandi del Tardis, litigando quasi con l'Acceleratore Atomico, prima di continuare a parlare.
    «E poi, proprio quando mi riprometto di non legarmi più a nessuno, ecco che ci ricasco e che un giovane o una giovane terrestre si ritrovano la chiave del Tardis in mano e tutto lo spazio-tempo a propria disposizione.» Finalmente riuscii a farlo funzionare e ripensai un attimo alle mie parole. Avrebbero potuto ferirlo perchè, dette così, sembrava quasi che fossero come dei giocattoli: rotto uno ne compravo un altro. Ma non era per niente così: io li tenevo dentro i miei cuori, uno ad uno, e non li dimenticavo MAI. Nessuno. Restavano tutti parte di me e, in un certo senso, viaggiavano con me anche dopo che se n'erano andati: loro uscivano da quella porta ma i nostri viaggi, le nostre avventure restavano vive nei miei ricordi.
    «Ma non dimentico mai chiunque sia entrato da quella porta, mai. E vi lascio la chiave, nella speranza che cambiate idea o almeno non vi dimentichiate di me.» sottolineai, tornando a guardalo, per fargli capire quanto mi affezionassi ad ognuno di loro e quanto fossero, ognuno a proprio modo, insostituibili, anche dopo anni e anni di distanza.
     
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    Per una volta,Jordan si sentì in colpa di essersene andato. Le parole del Dottore gli fecero capire di quanto ci si possa sentire tristi abbandonare una persona a cui tieni molto. E ogni volta che fissava la console del TARDIS gli veniva in mente di cosa l'avesse costretto a lasciare quella vita che riteneva fantastica. Si ricordava perfettamente di quel sogno. Cercava di cancellarlo,ma purtroppo non riusciva,ogni giorno si immaginava quello strano volto che gli ripeteva di allontanarsi dalla cabina blu e dal Dottore perché sarebbe stato in un grave pericolo. Jordan non lo aveva fatto per egoismo o egocentrismo,ma lo aveva per evitare di far soffrire il Dottore,sicuramente sarebbe stato peggio se lui fosse morto.
    «Certe volte si è costretti ad allontanarsi. E io avevo promesso che sarei rimasto fino alla fine. Ma,evidentemente,non ero pronto per affrontare una vita frenetica,proprio come quella che fai tu.» mentiva,ma qualcosa per discolparsi la doveva pur dire.
    Jordan si rese conto che quello non era il momento di avere attacchi di nostalgia o essere sentimentali. Una razza di alieni stava avanzando verso il pianeta Terra,e stava per invaderlo.
    «Hai piani per far ragionare i Sontaran?» Jordan ritrovò il sorriso in quelle parole,non sapeva bene il perché,ma era così. Si sentiva un po' ebete,ma forse era meglio apparire così,anziché triste e malinconico.
    *Spero che non abbia visto la mia debolezza.* il pensiero che potesse dargli un soprannome tipo "Il Preoccupato" o "Breoccupazione" gli balenò nella testa e voleva evitarlo a tutti costi.
    Girò intorno alla console,voleva rendersi utile almeno nel guidare una cabina blu,tra l'altro,aliena che viaggia nel tempo e nello spazio.
    «Sia ben chiaro che quando arriviamo a destinazione,io non resterò nel TARDIS ad aspettare che tu risolva la situazione a modo tuo.» non c'era neanche bisogno di dirlo,anche perché avrebbe completamente ignorato gli ordini del Dottore,lo aveva sempre fatto. Onestamente pensando credeva che nessuno avesse mai ascoltato il Dottore quando diceva di restare alla larga dai guai.

    Non so se è capibile,c'era talmente tanta confusione in casa che non ci sto capendo nulla! :lol:
     
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  6. miry«
     
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    L'ultima cosa che volevo era rattristarlo, ed era invece la prima cosa che ero riuscito a fare. Scossi la testa in modo impercettibile, contrariato dal mio comportamento, ma allo stesso momento non pentito di ciò che avevo detto. In fondo lui aveva fatto una domanda e io gli avevo risposto sinceramente. Almeno dove e quanto potevo, preferivo evitare di dire bugie. La sincerità era una delle cose più importanti per me ed una delle cose principali che richiedevo ai miei compagni: sincerità e lealtà, nient'altro. Ovviamente, però, il primo a mentire poi ero io, ma purtroppo non avevo scelta. Lo facevo per il bene dell'Universo, per il bene di tutto. Forse era vero il detto terrestre che diceva "Meglio una brutta verità di una bella bugia", ma se questa bella bugia avrebbe salvato la vita di milioni di persone o anche solo di una, perchè non dirla? Lo ascoltai in silenzio, non perdendo il contatto visivo, e sospirai. Aveva ragione: la mia vita frenetica, elettrizzante e pericolosa allo stesso tempo non era adatta a tutti. C'era chi non riusciva nemmeno ad iniziarla, chi dopo poco mollava, chi prometteva di restare ma poi tornava alla sua vita e chi ancora non voleva andarsene ma era costretto a farlo da me, per il suo bene. E lui, come aveva appena detto, apparteneva alla terza categoria.
    Quando rinominò i Sontaran, accennai un sorrisone furbo dei miei. Gli umani e la loro paura del tempo che trascorre, e la loro fretta soprattutto. Non capivano mai che anche solo un secondo, se giocato bene, poteva valere un'eternità. Annuii, per poi scuotere la testa rassegnato, ma guardarlo con orgoglio.
    «Non ne avevo dubbi, Brett. E non avevo la minima intenzione di lasciarti a bordo!» risposi, dicendo la pura e semplice verità. O almeno la maggior parte, visto che non lo lasciavo a bordo anche perchè sarebbe stato troppo pericoloso. Strano ma vero, sarebbe stato più al sicuro al mio fianco, circondato da patate assassine piuttosto che da solo nel Tardis. Gli indicai una leva e un bottone, facendomi aiutare ad attivare il Tardis come avevamo sempre fatto. Come se non fosse passato nemmeno un giorno. Io mi dedicai ai comandi più sofisticati.
    «Comunque, ovviamente ho un piano!» lo informai, quasi deluso dalla domanda. Davvero credeva che mi sarei mosso senza un piano?!
    «Punto uno: raggiungere la nave madre. Punto due: trovare i Sontaran prima che radano al suolo l'intero pianeta Terra. Punto tre: convincerli ad non attaccare. Punto quattro: se non vogliono ragionare - cosa purtroppo certa - obbligarli ad non attaccare. Punto quattro: restare vivi...» Ad ogni punto esposto, tiravo una leva o schiacciavo un bottone. All'ultimo punto mi bloccai un attimo, fissando Brett e pensando, grattandomi appena la testa.
    «Ok, forse questo era il numero uno.. non importa che punto fosse. Dobbiamo bloccarli e per farlo dobbiamo muoverci...» Corsi alla leva/trottola di partenza e sorrisi tutto elettrizzato davanti all'inizio dell'ennesima avventura, per poi attivarla e tenermi ben saldo.
     
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    Il Dottore gli indicò una leva e un pulsante. Davvero gli aveva chiesto di aiutarlo a riattivare il TARDIS? Davvero aveva detto che non aveva nessuna intenzione di lasciarlo nella cabina telefonica della polizia? Beh ora Jordan era convinto che era davvero utile e che non era stato un peso morto. Dimenticò per un attimo il suo malessere. E poi trovò interessante il suo piano. Punto uno: Raggiungere la nave madre. Beh era ovvio,lo aveva detto anche prima,ma preferì non proferire parola a riguardo. Punto due: Trovare i Sontaran,prima che loro radano il pianeta. Okay come facevano a trovare i Sontaran se non si muovevano? Ma avrebbe trovato la soluzione in poco tempo,ormai Jordan era abituato a vedere le reazioni all'ultimo minuto del Dottore. Punto tre: Convincerli a non attaccare. Quando sentì il terzo punto sorrise. Quando mai una razza aliena avrebbe ascoltato il Dottore? Soprattutto se erano dei cloni guerriglieri come i Sontaran. Il punto quattro arrivò poco dopo. E c'era il fatto di obbligare i Sontaran a non attaccarli. Il Punto cinque era quello più interessante,a suo parere. Esso recitava la frase "Rimanere vivi".
    Mentre seguiva le direttive del Dottore per mettere in moto il TARDIS,si guardava intorno. Non pensava che gli potesse mancare così tanto quel posto,quei viaggi insieme a quell'uomo. Però continuava a sorridere,nessun pensiero poteva rovinargli il ritorno al passato,certo non era il passato reale,ma era il suo passato.
    «Dottore.» mentre premeva il pulsante «Quanto tempo ci vorrà a trovare la navetta madre?»gli chiese in modo ironico,anche perché lo scanner del TARDIS segnava le tre navi Sontaran a tre minuti dalla loro postazione.
     
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  8. miry«
     
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    Lanciai uno sguardo allo scanner prima di rispondergli. Tre minuti e 15 secondi e i Sontaran sarebbero atterrati sulla Terra.
    «Trovare la navetta madre?!» chiesi, guardandolo confuso e stando attaccato alla console. Ah, e urlando appena ovviamente, per sovrastare i rumori del TARDIS. Che domanda era quella? Cioè, non era abbastanza ovvio?! Corsi dall'altra parte della console e poi lo guardai da lì. «Pensavo fosse ovvio: l'abbiamo già trovata! Cioè l'ho già trovata... o meglio il TARDIS l'ha individuata..» Tornai nuovamente vicino a lui e inizia freneticamente a spiegare.
    «Ovviamente la Nave Madre è la nave principale, quella più importante. E chi potrebbe esserci al comando se non lei? Ma qui ti chiederai - perchè so che lo stai facendo e se non è così beh, dovresti farlo: e se fosse un imbroglio e la Nave Madre non fosse quella? E se mandassero avanti un'altra per ingannarci o per difenderla?» Mi fermai solo un secondo, giusto per mettere un po' di suspance nella spiegazione e nella rivelazione della risposta. «Domanda stupida quando si tratta dei Sontaran: sono una razza tanto spietata e intelligente quanto orgogliosa e idiota a volte. Troppo sicuri di sè. Quindi, la navetta madre è ovviamente quella in testa delle 3.» Conclusi, tutto orgoglioso della mia spiegazione, assumendo il tipico sguardo da "non era poi così difficile, no?". Mi allontani da lui e tornai alla console, rischiando di cadere per uno scossone. Feci atterrare la cabina senza problemi, e allungai la testa verso il monitor.
    «2 minuti e 50 secondi. Ecco quanto ci abbiamo messo.» risposi finalmente alla sua domanda, come se me l'avesse posta 5 secondi prima. Poi rialzai la testa verso di lui, il mio sguardo completamente elettrizzato.
    «Brett, siamo sulla nave. E direi che possiamo saltare il punto due...» Gli indicai lo schermo, che ora funzionava da telecamera esterna e mostrava circa una decina di Sontaran che puntavano le loro armi verso la porta del TARDIS. Sbloccai le porte e gli rivolsi un sorriso completamente emozionato mentre mi sistemavo la giacca.
    «Andiamo a conoscere il nostro comitato di benvenuto!»
     
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    "Ma certo" pensai,sentendomi un po' stupido ad aver chiesto. Come si poteva non pensare che il Tardis non potesse agganciare la Nave Madre. Sentii tutta la spiegazione. Ora capisco come fa a cambiare idea ad alcuni alieni. Parla troppo. Non che mi dispiacesse sentire quello che aveva da dire,che il più delle volte era molto interessante.
    «Ovviamente tu sei alquanto sicuro di quello che dici... E se per questa volta i piani dei Sontaran avessero cambiato i loro piani?» chiesi per levarmi quel piccolo dubbio che avevo in testa.
    Dopo aver sentito il rumore dell'atterraggio,rimasi immobile. E mentre osservavo il Dottore che controllava lo scanner e che mi fece vedere all'esterno della cabina blu. Rimasi stupito. Erano dei veri e propri cloni,ed erano piuttosto brutti. Non potevano prendere un modello migliore? «Dottore,sembrano delle patate» dissi con un sorriso alquanto divertito. Diciamo che il punto due era passato,ora era il turno del punto numero tre...Dovevano convincere i Sontaran a non attaccare. Sarei stato sotto gli ordini del Dottore. L'importante era quello che non lo mandasse via,come aveva fatto molte volte. Tendeva a proteggerci,anche se poi ci faceva soffrire quando ci mandava a casa con l'interfaccia che ci diceva di far morire il Tardis e di abbandonarlo.
    «Andiamo a conoscere il nostro comitato di benvenuto!» feci da eco al Dottore e mi sistemai la camicia che solitamente usavo come giacca. Mi incamminai verso la porta,ma prima di uscire aspettai che lo facesse l'uomo dagli occhi vecchi.
     
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